
Siccità, è ora di investire sul recupero dell’acqua
La siccità che ha colpito il nostro Paese, e in realtà tutta l’Europa, ci obbliga a portare al centro del dibattito il tema del recupero dell’acqua.
L’inefficienza del sistema idrico italiano è sicuramente il problema principale da affrontare in questa crisi idrica, una questione annosa che deve essere risolta al più presto. Per alleviare fin da subito i disagi dovuti alla penuria d’acqua, invece, tra le soluzioni implementabili a breve termine ci sono il recupero dell’acqua, la realizzazione di invasi e la desalinizzazione.
Crisi idrica e raccolta dell’acqua piovana
Come rimedio alla siccità, da sempre, in ogni parte del mondo, si sfrutta la pioggia. In Italia, però, solo una piccola frazione dell’acqua piovana viene raccolta. È arrivato il momento di investire anche in questo senso.
Le stime mostrano che sul nostro territorio cadono circa 300 miliardi di metri cubi di acqua piovana ogni anno. Di questo volume enorme, però, solo l’11% viene raccolto. La raccolta dell’acqua piovana è particolarmente scarsa nelle aree urbane, in cui è fondamentale evitare la contaminazione dell’acqua a contatto con l’asfalto.
Siamo di fronte a una abbondante fonte d’acqua non sfruttata che potrebbe alleviare la siccità. La pioggia potrebbe essere immagazzinata in apposite cisterne nei periodi piovosi per poi essere utilizzata nei periodi di siccità. Una soluzione pratica e semplice che può essere impiegata anche in scala ridotta a livello domestico.
Come detto poc’anzi, è una pratica antica, ma può essere integrata da tecnologie moderne per adattarla al contesto urbano. A Singapore, ad esempio, città che dispone di risorse idriche limitate, la raccolta dell’acqua piovana è una pratica indispensabile e molto diffusa nonostante il fatto che la città conti numerosi grattacieli. Gran parte della popolazione di Singapore, infatti, vive in grattacieli (86%) ma grazie a sistemi tecnologici installati sui tetti è possibile massimizzare la raccolta dell’acqua piovana e sfruttare gli edifici come bacino di immagazzinamento.
Non si tratta di fantascienza, parliamo di tecnologie ampiamente disponibili che potrebbero essere installate anche nelle nostre città.
Gestire meglio l’acqua: gli invasi
Una possibile strategia volta a migliorare la gestione delle risorse idriche è quella che utilizza gli invasi come bacini di stoccaggio. La proposta è arrivata da Coldiretti e ANBI con il “Piano Laghetti”: 223 i progetti pronti a partire per costruire 10.000 invasi medio-piccoli e multifunzionali. Il Piano è stato pensato per zone collinari e pianeggianti in stato di crisi idrica e potrebbe essere realizzato entro il 2030.
Ad oggi esistono 114 serbatoi che raccolgo poco più di 1 miliardo di metri cubi, con il Piano Laghetti la capacità aumenterebbe del 60%.
Inoltre, gli invasi dovrebbero essere sfruttati anche per la produzione di energia elettrica rinnovabile grazie alla realizzazione di 337 impianti fotovoltaici galleggianti e 76 impianti idroelettrici. Si tratterebbe di una produzione di 1,259 milioni di MWh l’anno.
Gestire meglio l’acqua: i serbatoi
Per le famiglie, come anche per agricoltura e aziende, una soluzione alle interruzioni di erogazione dell’acqua potabile è quella dello stoccaggio per uso domestico. Utilizzando grandi serbatoi da esterno e da interno realizzati in polietilene, è possibili ovviare ai problemi di approvvigionamenti causati dalla siccità.
La soluzione migliore è interrarli, in modo da evitare che il sole scaldi l’acqua.
Desalinizzazione: l’ultima risorsa contro la siccità?
L’acqua è l’elemento più abbondante sul Pianeta ma il guaio è che per la maggior parte si tratta di acqua salata. Tuttavia, grazie alla tecnologia, rendere potabile l’acqua del mare è oggi possibile.
A dire il vero, sono già 183 i paesi che utilizzano la desalinizzazione, anche se il 47,5% degli impianti è installata in Medio Oriente. Esistono circa 16.000 impianti in tutto il mondo che garantiscono una capacità totale di 78 milioni di metri cubi al giorno. In Europa, il primato spetta alla Spagna con 765 impianti.
In Italia, con migliaia di chilometri di coste a disposizione, la dissalazione costituisce appena lo 0,1% dei prelievi idrici complessivi. Investire in questo settore potrebbe portare grandi benefici. Inoltre, il costo dell’acqua desalinizzata non supera i 2-3 euro al metro cubo, un prezzo molto competitivo rispetto a quello dell’acqua trasportata via nave (13-14 euro).
Insomma, soluzioni pratiche e tecnologiche, come spesso accade, sono a disposizione. A mancare è però la lucidità nel fare scelte cruciali per il Paese. Da mesi ci troviamo in uno stato di crisi idrica ma solo con l’arrivo dell’estate e il conseguente peggioramento della situazione il problema della siccità è salito alla ribalta.
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Scarsità d’acqua, siamo a gennaio e sembra già estate
La scarsità d’acqua in Italia ha assunto ormai le proporzioni di un’emergenza. Siamo appena alla fine di gennaio, l’inverno è ancora lungo, ma la quantità d’acqua di fiumi e laghi è a livelli normalmente registrarti nel periodo estivo.
A essere maggiormente colpite dalla mancanza d’acqua sono state le regioni del Nord Italia, mentre nel Centro la crisi è meno preoccupante e nel Sud Italia la disponibilità è piuttosto buona. In particolare, i territori della Lombardia e del Piemonte destano preoccupazione per lo stato del manto nevoso ben oltre i livelli di guardia: il 57,6% in meno rispetto alla media. Anche i laghi sono in sofferenza: il lago di Como ha perso il 66% del volume, l’Iseo il 33% e il lago Maggiore ha perso 50 milioni di metri cubi.
L’allarme è stato lanciato dall’osservatorio dell’Anbi, l’Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue.
Le cause della scarsità d’acqua nella nostra Penisola
Il livello di fiumi e laghi dipende direttamente dal volume delle nevicate che si verificano in alta quota. Con le normali nevicate invernali si forma una sorta di bacino di riserva che alimenterà i corsi d’acqua, ma quest’anno le precipitazioni sono state scarse praticamente ovunque.
Inoltre, le temperature sono state anomale e in montagna hanno superato largamente le medie stagionali. A Capodanno, ad esempio, abbiamo assistito a ondate di calore che hanno portato le temperature sulle Alpi, oltre i 1500 metri, a 14°C sopra la media. Lo zero termico, di conseguenza, si è spostato spesso a quote altissime come dovrebbe avvenire solamente in primavera, o persino, in estate.
Il risultato di queste anomalie climatiche è stata una riduzione notevole del volume d’acqua. Nel Po, ad esempio, è stata rilevata una portata dimezzata rispetto a quella di un anno fa e a Piacenza ha toccato i minimi storici: un flusso di 379,7 metri cubi al secondo.
Una minaccia globale
La mancanza d’acqua non è un problema unicamente del territorio italiano. Secondo l’Onu, il pianeta potrebbe trovarsi di fronte a un carenza idrica globale del 40% entro il 2030. A causarla sarebbero il riscaldamento globale e l’aumento globale dei consumi.
Il Rapporto mondiale delle Nazioni unite sullo sviluppo delle risorse idriche 2020 ha mostrato come circa 4 miliardi di persone nel mondo si trovino già in condizioni di grave scarsità fisica di acqua per almeno un mese all’anno.
Allo stesso tempo, il consumo di acqua è aumentato di 6 volte negli ultimi 100 anni e non accenna a fermarsi; cresce a un tasso di circa l’1% all’anno. Le cause sono da ricercasi nella crescita demografica e nell’evoluzione dei modelli di produzione e consumo delle risorse.
Inoltre, quando l’economia di una regione dipende molto dalla disponibilità di acqua le conseguenze sociali sono drammatiche, come violenze e migrazioni di massa. Ecco un dato che fa riflettere: nel 2017 ben 18,8 milioni di persone in 135 Paesi sono diventate sfollate a causa di eventi climatici estremi come inondazioni e siccità.
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