
Agroecologia: un modello di agricoltura sostenibile
L’agricoltura sostenibile rappresenta un nuovo modello di sviluppo del settore che può portare a importanti benefici in fatto di emissioni di CO2 e transizione ecologica.
L’impatto di agricoltura e allevamento sulle emissioni di CO2 del nostro Paese equivale al 7% del totale – due terzi del quale è dovuto agli allevamenti- mentre in quanto consumo di acqua rappresenta il 50%. Inoltre, gli allevamenti da soli sono la seconda causa di emissioni di particolato atmosferico.
Insomma, per agire contro il riscaldamento climatico è importante non tralasciare questo settore e l’Italia ha già intrapreso la strada giusta puntando sul biologico. Siamo, infatti, tra primi dieci produttori al mondo di prodotti alimentari biologici e, a livello europeo, siamo addirittura primi per numero di occupati nel settore del biologico con 80.000 operatori.
I terreni coltivati ad agricoltura biologica sono in continuo aumento: la superficie occupata da colture biologiche è aumentata del 79% dal 2010 ad oggi e il numero degli operatori è salito del 69%. Nel 2020 il giro d’affari del settore dell’agricoltura biologica è arrivato a valere 6,9 miliardi, ovvero più del doppio rispetto a dieci anni fa.
Questo settore può fare molto di più in chiave di sostenibilità e transizione ecologica, è il messaggio che Legambiente ha voluto mandare III Forum nazionale Agroecologia circolare patrocinato dal Ministero della Transizione Ecologica e dalla Regione Lazio. La nota associazione ecologista ha infatti presentato la sua proposta per un nuovo modello di sviluppo del settore agricolo che punti sull’agroecologia, una road map che ha come traguardo il 2030.
La road map 2030 per l’agricoltura sostenibile di Legambiente
Sono quattro i temi principali su cui puntare secondo Legambiente:
- sostenibilità ambientale delle filiere
- innovazione
- ricerca
- cura del territorio
Inoltre, l’associazione ha voluto proporre anche una serie di azioni concrete da mettere in atto al più presto:
- aumentare la produzione biologica per ridurre l’uso dei pesticidi;
- creare dei biodistretti, punto strategico per la transizione ecologica del comparto agroalimentare;
- replicare le buone pratiche agronomiche, tutelare la biodiversità e garantire la fertilità del suolo;
- utilizzare le rinnovabili (solare termico, fotovoltaico, produzione di biogas e bio-metano), e tagliare la dipendenza dalle fonti fossili;
- incentivare l’agrivoltaico per sviluppare energie rinnovabili abbinandolo in modo sinergico alle tecniche colturali, senza consumare suolo e nell’ottica della multifunzionalità;
- contrastare gli sprechi idrici ed energetici (sia attraverso buone pratiche colturali e sistemi di microirrigazione che attraverso l’uso di acque reflue civili depurate sia attraverso gli impianti agrivoltaici integrati con la produzione agricola);
- spingere sull’innovazione tecnologica delle attrezzature agricole in chiave sostenibile;
- diffondere i presidi territoriali adibiti alla formazione ed informazione degli agricoltori rispetto alle modalità tecniche di attuazione del modello dell’agroecologia.

Agrovoltaico: i vantaggi del fotovoltaico in agricoltura
Il connubio tra agricoltura ed energie rinnovabili è possibile: si chiama agrovoltaico e consiste nello sfruttamento dei terreni agricoli per produrre energia pulita.
Si tratta di impianti fotovoltaici che non intralciano le attività agricole, nemmeno quelle svolte con macchinari di grandi dimensioni, e forniscono energia.
In questo articolo parleremo dei vantaggi di questo tipo di impianti, da quelli ambientali a quelli più concretamente economici e, infine, delle prospettive di crescita nell’immediato futuro nel nostro Paese.
L’agrovoltaico e il consumo di suolo
Costruire impianti fotovoltaici su terreni già adibiti ad altro (in questo caso alla produzione agricola) significa evitare di occupare grandi estensioni di territorio ancora libere e non sfruttate.
In questo senso, riducendo quasi a zero il consumo di suolo, l’agrovoltaico si pone come un’ottima alternativa eco-sostenibile ai tradizionali impianti.
Secondo uno studio di Enea, infatti, gran parte del terreno al di sotto dei pannelli solari (80-90%) può essere lavorato con le comuni macchine agricole.
Il restante 10-20% non è comunque sprecato perché può essere sfruttato in altri modi: per coltivare orti, come pascolo per il bestiame e per tutte quelle attività che non impiegano macchinari di grandi dimensioni.
I vantaggi in termini di consumo di suolo sono, perciò, molto evidenti e promettenti.
Resa energetica
Lo studio citato indaga anche la convenienza dal punto di vista energetico degli impianti agro-fotovoltaici.
Se confrontato, ad esempio, con un impianto a biogas alimentato con mais coltivato sulla stessa superficie, un impianto agrovoltaico genera una quantità di energia per metro quadrato da 20 alle 70 volte maggiore e causa minori emissioni inquinanti.
Per quanto riguarda i costi, invece, secondo una guida pubblicata dal Fraunhofer ISE, i costi di produzione energetica (LCOE) dell’agro-fotovoltaico si attestano tra 0.07 e 0.12 euro al kWh, e sono già competitivi sul mercato dell’energia rinnovabile.
Ambiente e resa agricola
Come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, questi i sistemi hanno l’interessante caratteristica di produrre meno emissioni di gas serra, combattendo così il riscaldamento climatico e migliorando la resistenza del settore agroalimentare ai cambiamenti del clima.
Inoltre, gli impianti agrovoltaici possono migliorare e stabilizzare la resa delle colture non irrigate in suoli aridi. Questo perché, assorbendo i raggi solari, sono in grado di ridurre l’evapotraspirazione e la temperatura del suolo.
Questi vantaggi sono risultati evidenti in uno studio del già citato Fraunhofer Institute condotto in Germania.
Nel 2017 i terreni agricoli su cui sono stati installati moduli fotovoltaici su supporti di circa 5 metri, l’efficienza del suolo è migliorata di ben il 160%.
Dati incoraggianti che l’anno successivo, grazie anche a un’estate molto calda, sono stati persino migliori.
Si è trattato di un aumento del raccolto in tre colture (tra le quattro prese in esame): il sedano ha visto un aumento del 12%, le patate e il grano invernale del 3%; solo il trifoglio ha pagato con un -8%.
La combinazione di agricoltura e fotovoltaico permette, pertanto, di incrementare significativamente l’efficienza di utilizzo dei terreni.
Prospettive dell’agrovoltaico in Italia
La strada per rispettare gli obbiettivi fissati dall’Accordo di Parigi, e a livello nazionale dal PNIEC, è ancora lunga.
Puntare sulle rinnovabili e in particolare sul fotovoltaico è l’unica strategia attuabile.
Per arrivare a installare i 32 GWp di nuovi impianti fotovoltaici previsti dal PNIEC entro il 2030, gli impianti su tetto non bastano.
Ecco che il modello dell’agro-fotovoltaico potrebbe essere la soluzione ideale per raggiungere gli obbiettivi prefissati senza aumentare a dismisura il consumo di suolo.
Secondo quanto affermato da Greenpeace, ITALIA SOLARE, Legambiente e WWF in una lettera ai ministri dello Sviluppo economico, Ambiente, Agricoltura e Attività culturali e Turismo, saranno necessari 2 ettari per ogni MWp e «Stimando che circa il 30% di 30-50 GW potrà essere installato sui tetti e su terreni industriali o contaminati, serviranno 40-70 mila ettari circa di terreni agricoli, pari allo 0,2-0,4% dei terreni coltivabili disponibili».
Pare che siano tutti gli elementi per affermare che siamo di fronte a una sfida alla nostra portata. La sinergia tra fotovoltaico e agricoltura potrebbe rivelarsi la chiave per raggiungere gli obbietti fissati dal PNIEC.
Read MoreCi auguriamo che questo articolo ti sia piaciuto. Se sei interessato ai temi del risparmio energetico e dell’energia pulita, Futura Energie è il fornitore perfetto per te!
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A presto!

Canapa: una potente arma nella bonifica dei terreni inquinati
La canapa, ancora oggi criminalizzata, è una pianta dalle mille risorse.
Le sue fibre, ad esempio, sono utilizzate per produrre tessuti con un impatto ambientale decisamente inferiore a quello del cotone, perché richiede un impiego limitato di pesticidi e di fertilizzanti.
La canapa è anche un’ottima materia prima per ottenere carta, olio dalle proprietà antiossidanti, analgesiche e antiinfiammatorie e semi edibili ricchi di proteine e amminoacidi.
Inoltre, la varietà Sativa presenta una concentrazione di THC (la molecola psicoattiva dal potere “drogante”) che non supera lo 0,2%, rispetto alla varietà Indica. Questa fondamentale distinzione è d’obbligo per fugare ogni dubbio: non tutta la canapa è droga (anche se entrambe le varietà vantano proprietà utilissime).
La proprietà fitorimediante della canapa
Tra le tante caratteristiche interessanti, in questo articolo vogliamo concentrarci su quella più importante dal punto di vista ambientale.
Stiamo parlando della proprietà fitorimediante.
La fitorimediazione (o fitorisanamento), una tecnologia naturale di bonifica dei suoli che utilizza piante in grado di estrarre metalli pesanti o permettere la degradazione di composti organici in terreni contaminati.
La pianta di canapa, infatti, ha la capacità di assorbire gli inquinanti dal suolo e rendere i terreni nuovamente fertili.
Una proprietà che la rende adatta a progetti di bonifica di terreni contenenti metalli quali piombo, cromo, nichel, arsenico e altri.
La fitorimediazione è un metodo a basso costo e sostenibile, per porre rimedio all’inquinamento industriale e urbano. Pensiamo anche a quei terreni in cui sono stati stoccati illegalmente rifiuti tossici o quelli che sono stati luogo di roghi di immondizia di vario genere.
Inoltre, al contrario di trattamenti chimico-fisici molto invasivi e aggressivi per gli ecosistemi, la fitorimediazione ripristina la fertilità e la biodiversità del terreno senza stravolgere il terreno.
Dopo la bonifica
Una volta che la pianta di canapa ha completato il suo ciclo di vita, deve essere utilizzata o smaltita tenendo conto della sua alta concentrazione di inquinanti.
A tal proposito, sono stati ipotizzati e sperimentati diversi metodi per utilizzare la canapa dopo il processo di fitorimediazione. Gli utilizzi alimentari e nell’industria tessile sono, naturalmente, da escludere a causa dei metalli pesanti assorbiti.
Tuttavia, alcune soluzioni praticabili e convenienti potrebbero essere:
- usare i semi nella produzione di biodiesel. Essi, infatti, sono costituiti da un’importante percentuale di olio: circa il 36%.
- impiegare le fibre e il canapulo per ottenere materiali compositi.
- produrre energia da biomassa nelle centrali termoelettriche, e successivamente recuperare i metalli dalle ceneri attraverso un processo chiamato phytomining.
Oltre il pregiudizio
Le attività umane, portate avanti senza criterio e integrità morale, hanno avvelenato tantissimi terreni e messo in pericolo la salute delle persone.
La canapa ci viene in soccorso e ci permette di rimediare.
Forse sarebbe il caso di smettere di vederela come una “droga pericolosa” e concentrarsi sulle sue interessanti caratteristiche: l’effetto psicotropo è davvero l’ultima da prendere in considerazione.
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