La crisi energetica che stiamo attraversando, iniziata ben prima dell’attacco della Russia all’Ucraina, ha ridato vigore ai sostenitori di carbone ed energia nucleare.
Ecco le alternative all’importazione massiccia di gas russo: riattivare centrali a carbone chiuse (saggiamente) da anni e lanciare la costruzione di nuove centrali nucleari, sputando sulla volontà popolare espressa in due referendum (1987 e 2011).
Ci sono alcune domande che è bene porsi a riguardo per mettere in prospettiva la questione della crisi energetica e valutare tutte le opzioni.
Prima di tutto, quanto è grave e condizionante la dipendenza dell’Italia dal gas importato dalla Russia? E poi, quali sono i vantaggi e gli svantaggi delle solite “alternative” che le lobby propongono?
Il carbone, spesso presentato come la fonte d’energia più economica, è davvero così conveniente rispetto alle rinnovabili? E il nucleare è realmente una soluzione per emancipare il Paese dalle energie fossili nel più breve tempo possibile?
Nei prossimi paragrafi cercheremo di rispondere a questi interrogativi fondamentali e sfatare i più persistenti miti sull’energia (dei quali siamo davvero stanchi).
L’Italia e il gas russo
La sete di gas naturale dell’Italia è enorme: in quanto a consumi in Europa siamo secondi solamente alla Germania, un Paese con una popolazione che supera la nostra di 20 milioni di abitanti. In quanto a produzione di elettricità, invece, deteniamo addirittura il primato europeo con il 50% dell’energia generata utilizzando il metano. La maggior parte dell’energia utilizzata in Italia deriva dal gas naturale, ormai diventato prima fonte energetica nazionale soppiantando il petrolio.
È chiaro che siamo uno dei Paesi maggiormente esposti in questa crisi energetica senza precedenti che ha mandato alle stelle le bollette. Infatti, il 40% del fabbisogno di gas naturale del nostro Paese è soddisfatto proprio dalla Russia di Putin.
Allargando lo sguardo per considerare tutte le fonti di energia nel loro complesso, la dipendenza dell’Italia è soprattutto dalle importazioni: il 77% (nel 2019) a fronte di una media europea del 61%.
Come liberarsi di questa dipendenza? Vediamo le opzioni a disposizione.
Nucleare e carbone: come riportare indietro di 20 anni il Paese
Come abbiamo spiegato in dettaglio in questo articolo, costruire nuove centrali nucleare sul territorio italiano non rappresenta una soluzione pratica e sicura alla crisi energetica.
Prima di tutto, è doveroso parlare dei rischi che comporta l’energia nucleare. Malgrado le rassicurazioni dei sostenitori del nucleare, che affermano che i reattori della quarta generazione hanno raggiunto altissimi standard di sicurezza e non rappresentano più un pericolo, la verità è un’altra. Anche le precedenti generazioni di reattori erano considerate sicure finché Fukushima, impianto di seconda generazione, ha mostrato l’avventatezza di queste affermazioni.
Poi c’è il problema delle scorie radioattive che devono essere stoccate per generazioni in luoghi adatti (nessun rischio sismico, nessuna falda acquifera, etc…) che in Italia sono rarissimi. Mentre si discute di nuove centrali nucleari, non è stato ancora trovato un sito definitivo per le scorie già esistenti.
Si tratta di correre rischi enormi per generare energia che costerà circa 3 volte di quella da fotovoltaico e di quella da eolico. Logico, vero?
In quanto alla proposta di affidarsi a numerosi impianti di quarta generazione di piccole dimensioni (200 megawatt) e quindi meno pericolosi, si tratta di una soluzione impraticabile. Per ottenere solo un terzo della potenza nucleare installata in Francia (64.000 MW) avremmo bisogno di 100 reattori che impiegherebbero almeno 10 anni per incidere sulla decarbonizzazione.
Similmente, la possibilità paventata dal presidente Draghi di riattivare alcune centrali a carbone è assurda. Parliamo di energia fossile ad altissimo impatto ambientale e con costi ormai non competitivi rispetto alle energie rinnovabili. Non esiste più spazio per il carbone nel mercato dell’energia, gli unici a non volerlo accettare sono coloro che lo vendono.
Tornare a carbone e nucleare significherebbe fare un balzo all’indietro di 20 anni, far regredire il Paese. Non possiamo permettercelo.
Crisi energetica: la soluzione è la transizione ecologica
Il gas naturale è spesso considerato come un’alternativa più ecologica a petrolio e carbone ma, pur essendo meno inquinante, ha un impatto fortissimo sul riscaldamento climatico. Il metano è, infatti, il gas serra più pericoloso e la priorità dell’Europa e dell’Italia dovrebbe essere ridurne drasticamente l’utilizzo, sia nel riscaldamento che nella generazione di elettricità.
In realtà, l’Italia si è già impegnata con l’Europa a dimezzare le attuali emissioni di gas serra nel decennio in corso, con l’obbiettivo finale di neutralizzarle entro i vent’anni successivi. Per centrare tali obbiettivi i consumi nazionali di gas naturale dovrebbero scendere da circa 75 miliardi di metri cubi (dati 2019) a circa 50 miliardi nel 2030, ovvero dovremmo tagliare i consumi del 30%.
Per quanto riguarda la sola generazione elettrica, il consumo di gas naturale dovrebbe essere abbattuto dagli oltre 140 miliardi di KWh (dati 2019) a poco più di 100 miliardi di KWh nel 2030 (-27%).
Insomma, due fondamentali obbiettivi della nostra politica energetica (liberarci dalla dipendenza dal gas russo e raggiungere la neutralità climatica) hanno un’unica soluzione: la transizione ecologica, il passaggio a fonti di energia pulite e rinnovabili.
Per quanto riguarda l’Italia, il primo passo potrebbe essere rappresentato dallo sblocco di 60 GW di rinnovabili. Progetti privati, che non necessitano di investimenti pubblici, frenati dalla burocrazia e dai pregiudizi.