
Le energie rinnovabili spingono la ripresa e l’occupazione
Grazie alle energie rinnovabili a supporto della ripresa economica, nel 2019 sono cresciuti i posti di lavoro e gli investimenti.
Nonostante il periodo durissimo per l’economia, i dati mostrano che il settore green continua a crescere e a creare occupazione: oltre mezzo milioni di occupati in più, tra cui molti lavoratori specializzati.
Un considerevole aumento che è da attribuirsi alla nascita di numerose start-up con valori e obbiettivi green.
Gli occupati nel settore delle energie rinnovabili sono quasi 11,5 milioni, con una importante presenza femminile rispetto al settore dei combustibili fossili.
Il continente che detiene il primato di lavoratori specializzati nel settore è l’Asia, con il 63% del totale, soprattutto nel fotovoltaico e nei biocarburanti.
In Africa, invece, prevale il fotovoltaico Off-grid, ovvero quegli impianti non connessi alla rete pubblica che permettono di sfruttare direttamente l’elettricità prodotta.
L’occupazione nelle energie rinnovabili: fotovoltaico in testa
Il fotovoltaico è il settore delle energie rinnovabili che impiega più lavoratori.
Secondo il recente rapporto “Renewable Energy and Jobs – Annual Review” pubblicato da IRENA (Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili), gli occupati nel fotovoltaico sono 3,8 milioni su un totale di 11,5.
A seguire, troviamo:
- Biocarburanti liquidi: 2,4 milioni di occupati;
- Idroelettrico: 1,9 milioni di occupati;
- Eolico: 1,1 milioni di occupati;
- Solare termico: 823 mila occupati.
La ripresa economica post covid passa dalle rinnovabili
Le fonti rinnovabili, oltre a contrastare il cambiamento climatico e l’inquinamento, possono compensare la perdita di occupazione dovuta al declino delle fonti fossili.
Secondo un altro documento pubblicato da IRENA, “Post Covid Recovery“, circa 5 milioni e mezzo di lavoratori potrebbero essere impiegati nelle rinnovabili nei prossimi 3 anni.
Questo “riassorbimento” sarebbe poi destinato a continuare e porterebbe a 30 milioni il numero di lavoratori nelle energie rinnovabili entro il 2030.
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Lockdown e calo dei consumi energetici: i dati di aprile 2020
In un articolo dell’8 aprile, che trovate QUI, avevamo analizzato i dati dei consumi energetici durante il primo mese di lockdown, rilevando un forte calo della domanda di energia elettrica.
Oggi vogliamo aggiornare la nostra analisi con i nuovi dati Terna relativi al mese di aprile. Come sarà subito chiaro, la situazione si sta evolvendo.
Un leggero miglioramento
Nel periodo dall’11 al 23 aprile, in cui cadevano le festività pasquali, abbiamo assistito a una ripresa dei consumi: il calo della domanda, infatti, ha invertito il suo trend.
In questi 13 giorni di aprile, la domanda si è attestata al 17,4% in meno rispetto all’anno precedente.
Questo dato costituisce un significativo miglioramento, tenendo conto che nelle settimane precedenti i cali oscillavano tra il 20% e il 30%.
La leggera ripresa dei consumi nel periodo 11-23 aprile si è verificata anche nel Nord Italia, la zona più colpita dal calo. Grazie alla ripartenza di alcune attività economiche nelle aree più produttive del Paese, nel periodo menzionato la domanda è calata del 20% rispetto a quello delle settimane precedenti che toccava il 28%.
Nonostante il recente miglioramento, però, bisogna rilevare, che prendendo in considerazione l’intero periodo dell’emergenza (11 marzo – 23 aprile), i dati restano preoccupanti, con un -18% dei consumi in confronto al 2019.

Cala la domanda, cala il prezzo dell’energia
Il crollo dei consumi che stiamo osservando da quasi due mesi ormai, ha portato a un conseguente crollo del prezzo dell’energia.
Che cosa significa? Semplice! Si tratta di un’occasione unica per gli utenti che vogliono cambiare fornitore e risparmiare.
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Coronavirus e inquinamento: esiste davvero un legame?
Il blocco quasi totale e l’isolamento imposto dai governi a causa dell’epidemia di coronavirus ha ridotto sensibilmente lo smog che avvolgeva le grandi aree metropolitane. Dal 9 marzo in poi i livelli di biossido d’azoto (NO2) a Milano e in altre zone dell’Italia settentrionale sono diminuiti di circa il 40%. Si tratta di uno degli inquinanti più dannosi, che causa da solo la morte di 14.600 persone all’anno in Italia sulle 76.200 totali per inquinamento e polveri sottili (dati Agenzia europea per l’ambiente).
Questa riduzione, confermata dal servizio di monitoraggio dell’atmosfera di Copernicus (programma di osservazione della Terra della UE), è la sola notizia lieta legata all’epidemia di Covid-19.
Covid-19 e polveri sottili
Nelle ultime settimane si è diffusa la convinzione di una correlazione diretta tra inquinamento atmosferico e contagio da coronavirus.
Si è ipotizzato che una alta concentrazione di particolato (PM10, PM2.5) aumenti il rischio di infezione e di complicanze della malattia.
È noto, d’altronde, che l’inquinamento atmosferico da PM 2.5, sia uno dei fattori di rischio più importanti per la salute, dopo la dieta, il fumo, l’ipertensione e il diabete: sono 2.9 milioni all’anno i morti in tutto il mondo. L’inquinamento atmosferico, infatti, aumenta il rischio di cardiopatia ischemica, ictus e malattia polmonare ostruttiva cronica, tra le altre.
Si è anche ipotizzato che il particolato atmosferico possa fungere da veicolo (carrier) per la diffusione del virus nell’aria, ma ciò non risulta possibile dal punto di vista biologico. Il PM, infatti, ha la capacità di trasportare particelle biologiche (batteri, virus, pollini, spore, funghi, alghe), ma è improbabile che i coronavirus possano rimanere attivi all’aperto per un tempo prolungato. Questo perché temperatura, essiccamento e UV compromettono l’involucro del virus pregiudicando così la sua capacità infettiva.
A tal proposito è bene fare chiarezza e considerare attentamente gli studi che sono stati effettuati finora.
Cosa dicono gli studi scientifici
Ad oggi sono stati imbastiti due studi.
In Italia, il Position Paper della Società Italiana di Medicina Ambientale ha suggerito che il contributo dell’inquinamento al contagio è plausibile sia come veicolo (carrier) sia come amplificatore (boost) degli effetti sui polmoni del virus.
Lo studio ha osservato le province italiane mettendo confronto la proporzione di superamenti del PM10 nelle centraline di ciascuna provincia con il numero di casi da Covid-19 nei 14 giorni successivi.
La relazione è risultata evidente, ma l’analisi non considerava in dettaglio i dati di inquinamento ma solo i superamenti dei limiti consentiti e tralasciava altri fattori.
Questi difetti sotto punto di vista metodologico hanno spinto le autorità ad auspicare ulteriori studi con evidenze scientifiche più solide.
Un altro studio, diffuso dai ricercatori di Harvard (Xiao Wu, 2020), ha messo sotto indagine la relazione tra esposizione prolungata a PM2.5 e il rischio di morte per Covid-19 negli Stati Uniti.
Il risultato è stato un aumento del 15% della mortalità, con riferimento a tutta la popolazione, associato ad un incremento di 1 ug/m3 di PM2.5.
Secondo lo studio il virus si sarebbe diffuso con maggiore rapidità nelle zone con popolazione più esposta all’inquinamento, e quindi più fragile.
Tuttavia, anche questo lavoro è parzialmente invalidato da gravi problemi metodologici.
Lasciamo la scienza agli scienziati
In conclusione, possiamo affermare che le prove scientifiche non sono ancora sufficienti a dimostrare una relazione diretta tra contagio e inquinamento.
L’inquinamento è responsabile di una strage quotidiana che fa impallidire qualunque epidemia, ma al momento attuale non è possibile attribuire ad esso anche la diffusione del Covid-19.
Le decine di articoli pubblicati in rete e condivisi sui social network, perciò, non riportano informazioni esatte. Con questo articolo, speriamo di aver fatto un po’ di chiarezza sull’argomento.
In questo periodo di incertezza e preoccupazione per il futuro, pensiamo che sia fondamentale informare nella maniera giusta e non diffondere notizie incerte. Lo dobbiamo a tutti coloro che stanno soffrendo a causa dell’epidemia e ai tanti professionisti che stanno lavorando per riportarci alla normalità.
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Covid-19: crollano i consumi di energia elettrica
La diffusione del coronavirus ha reso necessarie misure di contrasto senza precedenti. Chiudere tutte le attività non essenziali è stata una decisione dura ma indispensabile per tutelare la salute di tutti i cittadini.
A meno di un mese dal lockdown i primi pesanti effetti sull’economia si stanno manifestando.
Cala il fabbisogno nazionale di energia elettrica
Il settore energetico per primo sta subendo questi effetti con un consistente calo della domanda elettrica.
In Italia, nel periodo tra mercoledì 11 marzo e venerdì 3 aprile, la domanda elettrica si è attestata intorno ai 17,2 TWh contro i 20,7 TWh dello stesso periodo del 2019 (dati Terna).
Questo significa che, in poco più di tre settimane, il fabbisogno elettrico nazionale è diminuito del 17% rispetto allo stesso periodo del 2019: ben 3,5 TWh consumati in meno.
Se ci concentriamo sull’ultima settimana, però, quella dal 28 marzo al 3 aprile, il calo in percentuale è stato persino superiore, arrivando al 21,4% sullo stesso periodo del 2019: il paese ha richiesto quasi 1,3 TWh in meno.
Bisogna rilevare che gran parte di questo calo della domanda nazionale, circa il 75%, si colloca nel Nord Italia.
Nell’area Nord, ovvero Val d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino Alto-Adige, Veneto, Friuli ed Emilia-Romagna, infatti, si concentra mediamente poco più del 50% dei consumi elettrici del Paese.
Per questa ragione, nella settimana dal 28 marzo al 3 aprile nell’area Nord si ha avuto un consumo inferiore del 27,8% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Colpite anche le energie rinnovabili
Riguardo alla generazione termoelettrica nel periodo indicato, la produzione da fonti fossili e centralizzata risulta diminuita del 30,6% sullo stesso periodo 2019 (-23,7% includendo l’autoconsumo), con una diminuzione totale di circa 3 TWh.
Allo stesso tempo, anche la generazione da fonti rinnovabili elettriche ha subito una flessione consistente: -5% sul 2019, ovvero circa 346 GWh in meno.
Il decremento più significativo è quello dell’eolico che cala del 38,7% (- 684 GWh), seguito dal fotovoltaico con il 6,6% (-125 GWh) e dalla biomassa con l’1,3% in meno.
Sono in controtendenza, invece, la produzione da idroelettrico che sale del 28% rispetto al 2019 (+467 GWh) e la geotermia (+2,9%).
Verso la stabilizzazione dei consumi
La settimana dal 28 marzo al 3 aprile ha visto un decremento dei consumi elettrici rispetto alla precedente dell’1,8%, una diminuzione molto contenuta se confrontata a quella dell’inizio del lockdown.
Questo dato fa presumere che i consumi non siano destinati a scendere ancora molto da qui in avanti e ciò appare tranquillizzante, in attesa che l’emergenza sia superata e il Paese si rimetta in moto.
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Sospensione dei pagamenti delle bollette: facciamo chiarezza sui vari decreti
È importante fare alcune precisazioni perché da alcuni giorni vengono diffuse molte notizie discordanti e lontane dalla verità.
Visto le attuali norme adottate dal governo per fronteggiare l’emergenza Covid-19 in materia di utenze luce e gas, acqua e rifiuti, è importante fare alcuni approfondimenti. Infatti, da alcuni giorni vengono diffuse molte notizie discordanti e lontane dalla verità.
Pertanto, vogliamo fare chiarezza sulle uniche delibere che l’ARERA ha divulgato fino a oggi e approfondirle per dare le corrette indicazioni per attuare il pagamento delle utenze.
L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente ha stabilito con due delibere:
Delibera 12 marzo 2020 60/2020/R/com e la Delibera 17 marzo 2020 75/2020/R/com
La delibera 60 di fatto sospende tutte le applicazioni del Regolatorio riguardante i distacchi o le sospensioni di morosità: dal 10 marzo 2020 al 3 aprile 2020 sono sospesi e con effetto retroattivo, tutte le precedenti costituzioni messe in mora e sospensioni delle forniture per mancato o tardato pagamento.
A far fede da detta data ogni costituzione di messa in mora decade.
In virtù di questo, le società di distribuzione hanno provveduto alla riattivazione di tutti i punti di fornitura sospesi per morosità sul territorio nazionale.
Attenzione, però: la delibera non parla di alcuna sospensione dei pagamenti dovuti, la incauta e tortuosa impalcatura della delibera è volta a impedire alle società di vendita d’inviare sospensioni o distacchi per mancato pagamento delle utenze.
Questo vuol dire che le società continuano ad avere crediti esigibili nell’immediato a favore dei clienti e che, salvo ulteriori deroghe, dal 4 aprile potranno nuovamente procedere con l’invio di costituzione messa in mora e conseguente distacco.
La Delibera 60 si applica ai seguenti soggetti (estratto articolo 1.1.):
a) nel settore dell’energia elettrica, i clienti titolari di punti di prelievo in bassa tensione di cui al comma 2.3, lettere a), b) e c) del TIV;
b) nel settore del gas naturale, i clienti titolari di punti di riconsegna appartenente alla tipologia di cui:
i. al comma 2.3, lettera a) del TIVG;
ii. al comma 2.3, lettere b) e d), con consumo non superiore a 200.000 Smc/anno;
Il messaggio più pericoloso che sta circolando nel web afferma che la sospensione riguarda anche i pagamenti. Questa fake news sta portando diversi utenti ad accumulare debito per le bollette che pensano di poter non pagare.
La situazione sta destando molta preoccupazione anche negli operatori del settore che da qualche giorno stanno facendo tam-tam per creare un’associazione di categoria per garantire anche la loro rappresentanza in organi istituzionali.
Si calcola, infatti, in modo grossolano ritardi negli incassi mensili tra il 30% ed il 40% del totale, se consideriamo che il mondo delle utility luce e gas ha un fatturato lordo stimato di 100 miliardi l’anno, i numeri sono davvero preoccupanti.
La paura principale è che l’intera filiera italiana possa essere danneggiata.
La Delibera 75 riprende quanto definito dal Decreto Legge emanato il 9 e 11 marzo 2020 e ne definisce l’attuazione.
Questo decreto, infatti, è stato emanato per aiutare i consumatori presenti in quella che era definita “zona rossa “, ovvero per i Comuni di Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini, Vò.
A sostegno di questo la delibera dell’ARERA pubblicata in data 18/03/2020 definisce per quei comuni la sospensione dei pagamenti delle bollette fino al 30 aprile 2020, richiamando la delibera 60 specifica che la sospensione viene applicata anche per le fatture già scadute al momento dell’entrata in vigore del decreto.
In fine con la delibera 76 si affronta l’argomento bonus sociale, molto caro a tantissimi consumatori.
In sostanza, la delibera definisce che per il periodo 1° marzo – 30 aprile, al fine di garantire la continuità di erogazione dei bonus ai cittadini che ne hanno diritto, il provvedimento dispone che a coloro che dovessero rinnovare la domanda di bonus oltre la scadenza originaria prevista dalla regolazione, ma comunque entro i 60 giorni successivi al termine del suddetto periodo di sospensione, sia garantita la continuità dei bonus medesimi, con validità retroattiva a partire dalla data di scadenza originaria e per un periodo di 12 mesi.
Aggiornamento!
Le disposizioni delle delibere, come annunciato dal Presidente del Consiglio, sono state prorogate fino al 3 maggio.
Ci auguriamo che la situazione dell’emergenza migliori e che si tratti dell’ultima proroga in vista del graduale ritorno alla normalità.
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