
Elettrificare i riscaldamenti per ridurre il consumo di gas
Elettrificare i riscaldamenti sarà una delle mosse strategiche del futuro prossimo per abbattere il consumo di gas e decarbonizzare gli edifici.
Secondo un recente studio condotto da Elemens, il settore immobiliare è cruciale per l’abbattimento dei consumi di combustibili fossili e delle emissioni di anidride carbonica. Lo studio si è occupato di valutare quali sarebbero le conseguenze nel breve e medio periodo (da oggi al 2025 e al 2030) di interventi sugli immobili. In particolare, si tratterebbe di intervenire sull’efficienza energetica delle case in classe G e passare dal tradizionale riscaldamento a gas alle più efficienti pompe di calore.
Il riscaldamento degli edifici in Italia è ancora a gas
Elettrificare i riscaldamenti potrebbe però non essere un processo rapido nel nostro Paese. La maggioranza degli edifici è infatti ancora riscaldata da caldaie a gas, più o meno tecnologicamente avanzate. Su 26 milioni di abitazioni sono ben 17 milioni quelle riscaldate da una caldaia a gas. Non sorprende pertanto che il consumo di gas per riscaldamento costituisca il 43% del totale nazionale: 32 miliardi di metri cubi all’anno.
Le conseguenze sono piuttosto gravi sia sull’ambiente che sulla salute: i riscaldamenti infatti hanno un importante impatto sulla qualità dell’aria delle città e sulle emissioni di CO2 (il 12% del totale nella UE).
Il quadro è preoccupante. Urge lanciare un piano che porti a elettrificare i riscaldamenti nel più breve tempo possibile. La sfida si prospetta difficile ma ci sono alcuni fattori su cui il Governo potrebbe intervenire da subito, in particolare le regole di assegnazione degli incentivi (ecobonus).
Spostare gli incentivi verso pompe di calore ed elettrificazione
Il meccanismo dell’assegnazione degli ecobonus favorisce l’installazione di caldaie a gas di nuova generazione, meno inquinanti e più efficienti, ma per decarbonizzare gli immobili un rinnovamento delle tecnologie non è sufficiente. La strada da seguire è quella del progressivo spostamento degli incentivi verso le opere di efficientamento energetico degli edifici e di elettrificazione dei riscaldamenti.
L’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi potrebbe partire con la cancellazione in 3 anni delle agevolazioni fiscali sul gas (IVA e accise) per poi proseguire con quella degli incentivi per l’installazione delle caldaie a gas.
I vantaggi di elettrificare i riscaldamenti
I vantaggi del passaggio a sistemi di riscaldamento elettrico sono evidenti. Secondo lo studio di Elemens, il risparmio di energia sarebbe notevole. Ad oggi, la media di consumo di energia finale termica è di 136 KWh/m2/anno (chilowattora al metro quadro annui), cifra che con il passaggio alle pompe di calore scenderebbe a circa 50 KWh/m2/anno.
Nel giro di tre anni, entro il 2025, i consumi di gas potrebbero calare di oltre 5,4 miliardi di metri cubi all’anno; mentre entro il 2030 potrebbe essere risparmiati ben 12 miliardi di metro cubi. Come conseguenza del calo dei consumi di gas si otterrebbe anche una netta riduzione delle emissioni di CO2 (circa 22 milioni di tonnellate stimate) e, naturalmente, un sensibile alleggerimento delle bollette energetiche.
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Decreto energia, tutti gli interventi contro l’aumento delle bollette
Con il Decreto energia, pubblicato in Gazzetta Ufficiale qualche giorno fa, il governo italiano è intervenuto per ammortizzare l’aumento delle bollette energetiche.
Come è ormai noto, i costi del gas proveniente dalla Russia, già in aumento prima dell’invasione dell’Ucraina, sono cresciuti vertiginosamente. Questo ha provocato anche l’aumento delle bollette elettriche, dato che molta dell’energia elettrica viene prodotta utilizzando i metano russo.
Il Governo è al lavoro per elaborare una strategia che liberi l’Italia dalla dipendenza energetica dalla Russia di Putin e, contestualmente, tenta di arginare gli aumenti con questo decreto ad hoc. Una misura davvero necessaria, considerati i dati forniti da ADICONSUM, secondo cui i rincari toccano il 65% sulle bollette elettriche e il 59% su quelle del gas naturale.
Lo stanziamento previsto dal Decreto energia è di 8 miliardi di euro, dei quali circa 4 miliardi andranno alle filiere produttive che hanno subito il maggiore impatto dei rincari. I restanti fondi serviranno, invece, a incentivare l’efficientamento energetico e ad alleggerire il peso delle bollette di famiglie, imprese e attività commerciali.
Vediamo quali sono gli interventi principali previsti dal Governo nel Decreto energia.
Gli interventi principali contenuti nel Decreto energia
Contro l’aumento delle bollette
Con l’intento di calmierare i costi dell’energia, il Governo ha inserito nel Decreto energia:
- una riduzione al 5% dell’IVA applicata al metano impiegato a fini civili e industriali per i mesi di aprile, maggio e giugno 2022
- il potenziamento dei bonus sociali
Per quanto riguarda l’energia elettrica, invece, il Decreto cancella le aliquote sugli oneri di sistema per le utenze domestiche e non domestiche. Un provvedimento che include anche le utenze fino a 16,5 KW.
Inoltre, il potenziamento dei bonus sociali permetterà ai cittadini in disagio economico o in gravi condizioni di salute di beneficiare di tariffe agevolate per il secondo trimestre del 2022. Ecco i requisiti per accedere alle agevolazioni:
- un ISEE non superiore agli 8.265 euro
- un ISEE non superiore ai 20.000 euro, per le famiglie con più di quattro figli a carico
- essere titolari di Reddito di cittadinanza o Pensione di cittadinanza
- nessun tetto ISEE per i cittadini in gravi condizioni di salute che necessitano apparecchiature elettromedicali a elevato consumo di energia elettrica
Decreto energia a favore delle imprese
Con l’intento di supportare le imprese italiane in questa crisi energetica, il Decreto energia introduce un contributo straordinario sotto forma di credito d’imposta. Ne beneficeranno le attività produttive ad alto consumo di energia elettrica e gas. Nello specifico il credito d’imposta compenserà i rincari delle bollette del:
- 20% per le imprese energivore
- 15% per le imprese ad alto consumo di metano
Incentivi alla mobilità sostenibile
Nel Decreto troviamo anche il cosiddetto Fondo automotive, che è destinato all’acquisto di veicoli non inquinanti favorendo così la transizione ecologica nel settore dei trasporti.
Il fondo avrà a disposizione 700 milioni di euro per il 2022 e 1 miliardo di euro all’anno fino al 2030. Per conoscere i limiti e le modalità di erogazione delle agevolazioni i cittadini dovranno attendere un apposito Dpcm.
Snellimento della burocrazia sul fotovoltaico ad uso domestico
Per accelerare la transizione energetica e contrastare l’aumento delle bollette, il Decreto energia snellisce l’iter per ottenere il via libera all’installazione di pannelli fotovoltaici a uso domestico. È ora equiparata a un intervento di manutenzione ordinaria degli edifici.
Basterà, infatti, compilare il modulo (scaricabile online dal sito del GSE o da quello del Ministero dello Sviluppo economico) e inviarlo al gestore a inizio e fine lavori.
Le uniche limitazioni della nuova norma includono i beni vincolati che sono sottoposti al codice dei beni culturali e necessitano di specifiche autorizzazioni.
Stanziamenti ulteriori per lo sviluppo del meridione
Il Decreto energia contiene anche un fondo ad hoc per favorire gli investimenti nel Sud Italia. Sono pronti 145 milioni di euro l’anno fino al 2033 per le imprese che entro il 30 novembre 2023 investiranno nelle regioni del Sud.
Si tratta di un credito d’imposta, fruibile in compensazione, su investimenti volti all’efficientamento energetico e all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili.
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Crisi energetica: carbone e nucleare non sono la soluzione
La crisi energetica che stiamo attraversando, iniziata ben prima dell’attacco della Russia all’Ucraina, ha ridato vigore ai sostenitori di carbone ed energia nucleare.
Ecco le alternative all’importazione massiccia di gas russo: riattivare centrali a carbone chiuse (saggiamente) da anni e lanciare la costruzione di nuove centrali nucleari, sputando sulla volontà popolare espressa in due referendum (1987 e 2011).
Ci sono alcune domande che è bene porsi a riguardo per mettere in prospettiva la questione della crisi energetica e valutare tutte le opzioni.
Prima di tutto, quanto è grave e condizionante la dipendenza dell’Italia dal gas importato dalla Russia? E poi, quali sono i vantaggi e gli svantaggi delle solite “alternative” che le lobby propongono?
Il carbone, spesso presentato come la fonte d’energia più economica, è davvero così conveniente rispetto alle rinnovabili? E il nucleare è realmente una soluzione per emancipare il Paese dalle energie fossili nel più breve tempo possibile?
Nei prossimi paragrafi cercheremo di rispondere a questi interrogativi fondamentali e sfatare i più persistenti miti sull’energia (dei quali siamo davvero stanchi).
L’Italia e il gas russo
La sete di gas naturale dell’Italia è enorme: in quanto a consumi in Europa siamo secondi solamente alla Germania, un Paese con una popolazione che supera la nostra di 20 milioni di abitanti. In quanto a produzione di elettricità, invece, deteniamo addirittura il primato europeo con il 50% dell’energia generata utilizzando il metano. La maggior parte dell’energia utilizzata in Italia deriva dal gas naturale, ormai diventato prima fonte energetica nazionale soppiantando il petrolio.
È chiaro che siamo uno dei Paesi maggiormente esposti in questa crisi energetica senza precedenti che ha mandato alle stelle le bollette. Infatti, il 40% del fabbisogno di gas naturale del nostro Paese è soddisfatto proprio dalla Russia di Putin.
Allargando lo sguardo per considerare tutte le fonti di energia nel loro complesso, la dipendenza dell’Italia è soprattutto dalle importazioni: il 77% (nel 2019) a fronte di una media europea del 61%.
Come liberarsi di questa dipendenza? Vediamo le opzioni a disposizione.
Nucleare e carbone: come riportare indietro di 20 anni il Paese
Come abbiamo spiegato in dettaglio in questo articolo, costruire nuove centrali nucleare sul territorio italiano non rappresenta una soluzione pratica e sicura alla crisi energetica.
Prima di tutto, è doveroso parlare dei rischi che comporta l’energia nucleare. Malgrado le rassicurazioni dei sostenitori del nucleare, che affermano che i reattori della quarta generazione hanno raggiunto altissimi standard di sicurezza e non rappresentano più un pericolo, la verità è un’altra. Anche le precedenti generazioni di reattori erano considerate sicure finché Fukushima, impianto di seconda generazione, ha mostrato l’avventatezza di queste affermazioni.
Poi c’è il problema delle scorie radioattive che devono essere stoccate per generazioni in luoghi adatti (nessun rischio sismico, nessuna falda acquifera, etc…) che in Italia sono rarissimi. Mentre si discute di nuove centrali nucleari, non è stato ancora trovato un sito definitivo per le scorie già esistenti.
Si tratta di correre rischi enormi per generare energia che costerà circa 3 volte di quella da fotovoltaico e di quella da eolico. Logico, vero?
In quanto alla proposta di affidarsi a numerosi impianti di quarta generazione di piccole dimensioni (200 megawatt) e quindi meno pericolosi, si tratta di una soluzione impraticabile. Per ottenere solo un terzo della potenza nucleare installata in Francia (64.000 MW) avremmo bisogno di 100 reattori che impiegherebbero almeno 10 anni per incidere sulla decarbonizzazione.
Similmente, la possibilità paventata dal presidente Draghi di riattivare alcune centrali a carbone è assurda. Parliamo di energia fossile ad altissimo impatto ambientale e con costi ormai non competitivi rispetto alle energie rinnovabili. Non esiste più spazio per il carbone nel mercato dell’energia, gli unici a non volerlo accettare sono coloro che lo vendono.
Tornare a carbone e nucleare significherebbe fare un balzo all’indietro di 20 anni, far regredire il Paese. Non possiamo permettercelo.
Crisi energetica: la soluzione è la transizione ecologica
Il gas naturale è spesso considerato come un’alternativa più ecologica a petrolio e carbone ma, pur essendo meno inquinante, ha un impatto fortissimo sul riscaldamento climatico. Il metano è, infatti, il gas serra più pericoloso e la priorità dell’Europa e dell’Italia dovrebbe essere ridurne drasticamente l’utilizzo, sia nel riscaldamento che nella generazione di elettricità.
In realtà, l’Italia si è già impegnata con l’Europa a dimezzare le attuali emissioni di gas serra nel decennio in corso, con l’obbiettivo finale di neutralizzarle entro i vent’anni successivi. Per centrare tali obbiettivi i consumi nazionali di gas naturale dovrebbero scendere da circa 75 miliardi di metri cubi (dati 2019) a circa 50 miliardi nel 2030, ovvero dovremmo tagliare i consumi del 30%.
Per quanto riguarda la sola generazione elettrica, il consumo di gas naturale dovrebbe essere abbattuto dagli oltre 140 miliardi di KWh (dati 2019) a poco più di 100 miliardi di KWh nel 2030 (-27%).
Insomma, due fondamentali obbiettivi della nostra politica energetica (liberarci dalla dipendenza dal gas russo e raggiungere la neutralità climatica) hanno un’unica soluzione: la transizione ecologica, il passaggio a fonti di energia pulite e rinnovabili.
Per quanto riguarda l’Italia, il primo passo potrebbe essere rappresentato dallo sblocco di 60 GW di rinnovabili. Progetti privati, che non necessitano di investimenti pubblici, frenati dalla burocrazia e dai pregiudizi.
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Crisi energetica: sbloccare 60 GW di rinnovabili entro giugno
La crisi energetica attanaglia il nostro Paese come tutta l’Europa e l’attacco della Russia all’Ucraina rischia di far aumentare ancora di più il costo del gas e quindi il costo dell’energia. Mentre Draghi parla di riattivare alcune centrali a carbone e l’Europa guarda al GNL e all’idrogeno, la soluzione per l’Italia potrebbe essere più rapida ed efficiente, sia dal punto di vista economico che ambientale, di quanto si possa immaginare.
Sono tantissimi, infatti, i progetti di impianti di energie rinnovabili, soprattutto fotovoltaico ed eolico (anche offshore), in attesa di approvazione da parte di Terna. Ne basterebbero la metà per tagliare drasticamente le bollette, abbattere le emissioni di CO2 del nostro Paese, svincolarci dalla dipendenza dalla Russia e mettere un freno alla crisi energetica.
Crisi energetica: Il messaggio di Elettricità Futura al Governo
La proposta è arrivata da Agostino Re Rebaudengo, Presidente di Elettricità Futura, organizzazione di Confindustria che rappresenta il 50% della potenza installata rinnovabile in Italia. Nella conferenza stampa di Milano, il Presidente ha invitato il Governo ad agire congiuntamente alle Regioni per accelerare gli iter autorizzativi dei progetti entro giugno. Lo scopo è dare impulso al processo di transizione energetica e installare 60 GW di potenza rinnovabile nell’arco di 3 anni.
Questi 60 GW rappresentano solamente un terzo dei progetti in attesa di autorizzazione ma basterebbero ad alleviare la crisi energetica. Permetterebbero, infatti, all’Italia di risparmiare 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno, che equivalgono al 20% del gas importato.
Inoltre, far partire i lavori nel settore delle rinnovabili creerebbe circa 80.000 nuovi posti di lavoro con tutte le conseguenze positive sull’economia che ciò porterebbe.
Pronti investimenti privati per 85 miliardi di euro
La proposta di Elettricità Futura contiene anche un importante impegno da parte delle aziende del settore, che investirebbero fino a 85 miliardi di euro nell’installazione di impianti rinnovabili. Non sarebbero, pertanto, necessari incentivi pubblici e la spesa a carico dei contribuenti sarebbe zero.
Ma i vantaggi non finiscono qui. Anche sul piano dell’impatto paesaggistico i timori di molte amministrazioni locali riguardo agli impianti di energie rinnovabili sono ingiustificati. La realizzazione dei già citati 60 GW di potenza rinnovabile, fondamentali per contrastare la crisi energetica, necessiterebbero di appena lo 0,1% della superficie nazionale. Un’inezia se paragonata alla superficie occupata dalle tante centrali a combustibili fossili e, più in generale, alla superficie cementificata del Paese (7%).
Gli ostacoli alle installazioni di energie rinnovabili
Oltre alle difficoltà e ai ritardi nell’iter di autorizzazione degli impianti, le ragioni della lentezza con cui sta aumentando la potenza rinnovabile installata in Italia sono legate a fattori locali.
Ancora troppo spesso, come mostrato da Legambiente nel rapporto “Scacco matto alle rinnovabili”, i ritardi sono dovuto all’opposizione delle amministrazioni locali o da gruppi di cittadini (comitati Nimby e Nimto) che temono danni al paesaggio. Naturalmente, si tratta di posizioni estreme che hanno origine da pregiudizi e scarsa conoscenza delle tecnologie in questione e dei loro vantaggi.
La sensazione è che la soluzione alla crisi energetica e all’aumento dei costi dell’energia sia a portata di mano ma per cogliere occorre, per una volta, ragionare come una collettività lasciando da parte gli interessi locali.
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