
Il particolato atmosferico diminuisce la resa degli impianti fotovoltaici
Può l’inquinamento, e più precisamente il particolato atmosferico, diminuire la resa degli impianti fotovoltaici?
Secondo un recente studio dei ricercatori del Centro ENEA di Portici (Napoli), effettuato con il Dipartimento di Ingegneria Ambientale dell’Università Federico II di Napoli, in Italia il solo particolato atmosferico PM 2.5 può causare una perdita media annua di energia che può arrivare al 5%.
Nelle zone particolarmente interessate dall’inquinamento atmosferico, inoltre, questa perdita può essere persino doppia.
PM 2.5, pertanto, non rappresenta solo un pericolo per la salute – si stima che provochi circa 52.000 morti in Italia ogni anno – ma mette a rischio l’efficienza degli impianti fotovoltaici e la loro diffusione.
Particolato atmosferico e fotovoltaico: il caso della Cina
Lo studio del Centro Enea non è il primo a segnalare l’impatto del PM 2.5 sulla resa dei pannelli solari.
Nel 2019, questo fenomeno è stato oggetto di una ricerca, pubblicata sulla rivista “Nature Energy”, che si riferiva alla Cina.
Il colosso asiatico, che già nel 2019 possedeva 130 GW di potenza fotovoltaica installata, perdeva il 13% annuo della capacità produttiva a causa dell’inquinamento.
Questo perché la fonte principale d’energia in Cina, quella più impiegata, è ancora il carbone, che causa emissioni di particolato e di anidride carbonica enormi.
Secondo lo studio del 2019, basterebbe far tornare i livelli di particolato a quelli del 1960 la produzione elettrica da fotovoltaico della Cina farebbe un balzo del 12-13%. Un aumento che si può quantificare in almeno 14 TWh di elettricità.
Questa stima, però, si basa sulla capacità fotovoltaica installata al 2016: entro il 2030 salirebbe a 51-74 TWh.
In termini economici parliamo di una perdita di 1.9 miliardi di dollari l’anno, che potrebbero salire a 6.7 miliardi entro il 2030.
La spiegazione del fenomeno
In che modo il particolato riesce a diminuire la resa degli impianti fotovoltaici? La risposta sta nella sua capacità di riflettere i raggi solari.
Attraverso l’analisi del funzionamento dei rilevatori ottici per polveri sottili, i ricercatori dell’Enea hanno capito che il PM 2.5 disperde maggiormente i raggi di quelle lunghezze d’onda che permettono alle celle solari di funzionare con più efficienza. Ecco la causa di quella diminuzione nella produzione dell’energia elettrica del 5%.
Alla luce dei risultati di questo studio diventa chiaro che la corsa alla transizione energetica debba essere affiancata a interventi finalizzati a limitare l’inquinamento atmosferico, altrimenti il rischio è di rallentare un processo già piuttosto lento.
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Rinnovabili sempre più competitive: abbiamo ancora bisogno del nucleare?
I costi delle energie rinnovabili sono in rapida diminuzione: dal 2009 ad oggi i costi di eolico e solare sono scesi del 70% e dell’89%, mentre quelli del nucleare hanno visto un aumento di ben il 33%.
Alla luce di questi dati sorge spontanea una domanda: abbiamo ancora bisogno dell’energia nucleare?
Della necessità di superare i combustibili fossili abbiamo discusso ampiamente: fanno parte del passato e la dipendenza da essi deve essere spezzata al più presto.
Il tema del nucleare, invece, si presenta più controverso.
Da un lato, i sostenitori di questa fonte d’energia la ritengono pulita e sicura e sottolineano la sua importanza.
Dall’altro, i detrattori sottolineano i rischi, palesati in disastri come quello di Fukushima Dai-ichi, e le difficoltà che esistono quando si tratta di mettere in sicurezza le scorie radioattive.
L’energia nucleare, infatti, produce basse emissioni di CO2 ma anche pericolose scorie radioattive che devono essere stoccate per molti anni in strutture sotterranee progettate appositamente.
50 nuove centrali in costruzione
Nonostante i rischi del nucleare, sono molti i Paesi nel mondo che stanno costruendo nuove centrali.
Mentre alcune nazioni, come Svizzera e Germania, progettano di chiudere le loro centrali in breve tempo (2022), 50 nuovi reattori sono in fase di costruzione nel mondo. Questi andranno ad aggiungersi ai 443 reattori attualmente in funzione.
I Paesi che stanno investendo maggiormente nell’atomo sono Cina (12 reattori in costruzione), India (6), Corea del Sud (4), Emirati Arabi (3) e Russia (3).

Fonte: Agenzia internazionale per l’energia atomica
Il nucleare per azzerare le emissioni
Secondo molti la transizione energetica e il raggiungimento delle zero emissioni entro il 2050 sono obbiettivi realizzabili solo con il contributo dell’energia nucleare.
In una recente intervista con Andrew Ross Sorkin nel programma Squawk Box sulla CNBC, Bill Gates ha dichiarato che il nucleare è di fatto più sicuro di ogni altra fonte d’energia ed è “l’ideale per affrontare il cambiamento climatico”.
Così Gates ha ribadito quanto scritto sul suo blog nel 2018: “Il nucleare è l’ideale per affrontare il cambiamento climatico, perché è l’unica fonte di energia scalabile e priva di emissioni di carbonio disponibile 24 ore al giorno. I problemi con i reattori odierni, come il rischio di incidenti, possono essere risolti attraverso l’innovazione “
Bill Gates investe nel campo dell’energia atomica da molti anni ormai, con la sua società TerraPower, allo scopo di integrare perfettamente fonti rinnovabili e nucleare grazie a mini reattori che immagazzinano elettricità.
Inoltre, un sistema integrato di questo tipo può impiegare l’elettricità e il calore prodotti in eccesso per alimentare altri processi.
Ad esempio, l’elettricità può essere utilizzata per produrre idrogeno verde. il calore, invece, può essere riciclato per riscaldare intere città oppure per desalinizzare l’acqua di mare e fornire acqua potabile in zone in cui scarseggia.
Il futuro dell’energia
La corsa delle rinnovabili verso una sempre maggiore efficienza e competitività sul mercato sembra inarrestabile.
La disponibilità intermittente di eolico e fotovoltaico, però, rendono necessario integrarle con una fonte stabile e sicura.
Il nucleare appare ad oggi il compromesso più accettabile, a patto che la ricerca e l’innovazione nel campo vedano sempre nuovi investimenti.
Il mondo ha già preso questa strada e solo il tempo potrà dirci se sia stata la scelta più saggia.
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A presto!

Agrovoltaico: i vantaggi del fotovoltaico in agricoltura
Il connubio tra agricoltura ed energie rinnovabili è possibile: si chiama agrovoltaico e consiste nello sfruttamento dei terreni agricoli per produrre energia pulita.
Si tratta di impianti fotovoltaici che non intralciano le attività agricole, nemmeno quelle svolte con macchinari di grandi dimensioni, e forniscono energia.
In questo articolo parleremo dei vantaggi di questo tipo di impianti, da quelli ambientali a quelli più concretamente economici e, infine, delle prospettive di crescita nell’immediato futuro nel nostro Paese.
L’agrovoltaico e il consumo di suolo
Costruire impianti fotovoltaici su terreni già adibiti ad altro (in questo caso alla produzione agricola) significa evitare di occupare grandi estensioni di territorio ancora libere e non sfruttate.
In questo senso, riducendo quasi a zero il consumo di suolo, l’agrovoltaico si pone come un’ottima alternativa eco-sostenibile ai tradizionali impianti.
Secondo uno studio di Enea, infatti, gran parte del terreno al di sotto dei pannelli solari (80-90%) può essere lavorato con le comuni macchine agricole.
Il restante 10-20% non è comunque sprecato perché può essere sfruttato in altri modi: per coltivare orti, come pascolo per il bestiame e per tutte quelle attività che non impiegano macchinari di grandi dimensioni.
I vantaggi in termini di consumo di suolo sono, perciò, molto evidenti e promettenti.
Resa energetica
Lo studio citato indaga anche la convenienza dal punto di vista energetico degli impianti agro-fotovoltaici.
Se confrontato, ad esempio, con un impianto a biogas alimentato con mais coltivato sulla stessa superficie, un impianto agrovoltaico genera una quantità di energia per metro quadrato da 20 alle 70 volte maggiore e causa minori emissioni inquinanti.
Per quanto riguarda i costi, invece, secondo una guida pubblicata dal Fraunhofer ISE, i costi di produzione energetica (LCOE) dell’agro-fotovoltaico si attestano tra 0.07 e 0.12 euro al kWh, e sono già competitivi sul mercato dell’energia rinnovabile.
Ambiente e resa agricola
Come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, questi i sistemi hanno l’interessante caratteristica di produrre meno emissioni di gas serra, combattendo così il riscaldamento climatico e migliorando la resistenza del settore agroalimentare ai cambiamenti del clima.
Inoltre, gli impianti agrovoltaici possono migliorare e stabilizzare la resa delle colture non irrigate in suoli aridi. Questo perché, assorbendo i raggi solari, sono in grado di ridurre l’evapotraspirazione e la temperatura del suolo.
Questi vantaggi sono risultati evidenti in uno studio del già citato Fraunhofer Institute condotto in Germania.
Nel 2017 i terreni agricoli su cui sono stati installati moduli fotovoltaici su supporti di circa 5 metri, l’efficienza del suolo è migliorata di ben il 160%.
Dati incoraggianti che l’anno successivo, grazie anche a un’estate molto calda, sono stati persino migliori.
Si è trattato di un aumento del raccolto in tre colture (tra le quattro prese in esame): il sedano ha visto un aumento del 12%, le patate e il grano invernale del 3%; solo il trifoglio ha pagato con un -8%.
La combinazione di agricoltura e fotovoltaico permette, pertanto, di incrementare significativamente l’efficienza di utilizzo dei terreni.
Prospettive dell’agrovoltaico in Italia
La strada per rispettare gli obbiettivi fissati dall’Accordo di Parigi, e a livello nazionale dal PNIEC, è ancora lunga.
Puntare sulle rinnovabili e in particolare sul fotovoltaico è l’unica strategia attuabile.
Per arrivare a installare i 32 GWp di nuovi impianti fotovoltaici previsti dal PNIEC entro il 2030, gli impianti su tetto non bastano.
Ecco che il modello dell’agro-fotovoltaico potrebbe essere la soluzione ideale per raggiungere gli obbiettivi prefissati senza aumentare a dismisura il consumo di suolo.
Secondo quanto affermato da Greenpeace, ITALIA SOLARE, Legambiente e WWF in una lettera ai ministri dello Sviluppo economico, Ambiente, Agricoltura e Attività culturali e Turismo, saranno necessari 2 ettari per ogni MWp e «Stimando che circa il 30% di 30-50 GW potrà essere installato sui tetti e su terreni industriali o contaminati, serviranno 40-70 mila ettari circa di terreni agricoli, pari allo 0,2-0,4% dei terreni coltivabili disponibili».
Pare che siano tutti gli elementi per affermare che siamo di fronte a una sfida alla nostra portata. La sinergia tra fotovoltaico e agricoltura potrebbe rivelarsi la chiave per raggiungere gli obbietti fissati dal PNIEC.
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Le energie rinnovabili spingono la ripresa e l’occupazione
Grazie alle energie rinnovabili a supporto della ripresa economica, nel 2019 sono cresciuti i posti di lavoro e gli investimenti.
Nonostante il periodo durissimo per l’economia, i dati mostrano che il settore green continua a crescere e a creare occupazione: oltre mezzo milioni di occupati in più, tra cui molti lavoratori specializzati.
Un considerevole aumento che è da attribuirsi alla nascita di numerose start-up con valori e obbiettivi green.
Gli occupati nel settore delle energie rinnovabili sono quasi 11,5 milioni, con una importante presenza femminile rispetto al settore dei combustibili fossili.
Il continente che detiene il primato di lavoratori specializzati nel settore è l’Asia, con il 63% del totale, soprattutto nel fotovoltaico e nei biocarburanti.
In Africa, invece, prevale il fotovoltaico Off-grid, ovvero quegli impianti non connessi alla rete pubblica che permettono di sfruttare direttamente l’elettricità prodotta.
L’occupazione nelle energie rinnovabili: fotovoltaico in testa
Il fotovoltaico è il settore delle energie rinnovabili che impiega più lavoratori.
Secondo il recente rapporto “Renewable Energy and Jobs – Annual Review” pubblicato da IRENA (Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili), gli occupati nel fotovoltaico sono 3,8 milioni su un totale di 11,5.
A seguire, troviamo:
- Biocarburanti liquidi: 2,4 milioni di occupati;
- Idroelettrico: 1,9 milioni di occupati;
- Eolico: 1,1 milioni di occupati;
- Solare termico: 823 mila occupati.
La ripresa economica post covid passa dalle rinnovabili
Le fonti rinnovabili, oltre a contrastare il cambiamento climatico e l’inquinamento, possono compensare la perdita di occupazione dovuta al declino delle fonti fossili.
Secondo un altro documento pubblicato da IRENA, “Post Covid Recovery“, circa 5 milioni e mezzo di lavoratori potrebbero essere impiegati nelle rinnovabili nei prossimi 3 anni.
Questo “riassorbimento” sarebbe poi destinato a continuare e porterebbe a 30 milioni il numero di lavoratori nelle energie rinnovabili entro il 2030.
Investire sul nostro futuro
Investire sulla transizione energetica significa investire sul futuro del mondo, perché ambiente, sostenibilità, salute e occupazione sono strettamente legate.
Futura Energie è in prima linea nell’imprenditoria green: crea lavoro e contribuisce alla transizione energetica offrendoti solo energia da fonti rinnovabili.
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Reddito energetico: il modello Porto Torres sarà esteso a tutto il Paese
Il reddito energetico, è stato messa in pratica per la prima volta in Italia dal sindaco di Porto Torres, Sean Wheeler, in collaborazione con il Gse.
L’idea è quella di un sistema in grado di autofinanziarsi, riducendo il consumo di combustibili fossili, e creando un circolo virtuoso che promuova la sensibilità ambientale, lo sviluppo del fotovoltaico e, allo stesso tempo, aiuti le famiglie meno abbienti a sostenere i costi dell’energia elettrica.
Da due anni il Comune di Porto Torres investe 250 mila euro l’anno per l’acquisto in comodato di impianti fotovoltaici domestici da installare sui tetti delle abitazioni.
Così, grazie a questi impianti, le famiglie hanno a disposizione energia pulita e gratuita che snellisce sensibilmente la bolletta elettrica, arrivando quasi a dimezzarla. Si parla, infatti, di risparmi in bolletta per i cittadini fino a 150 euro annui
L’energia non consumata, invece, viene rivenduta alla rete elettrica, andando ad alimentare un fondo comunale che consentirà l’acquisto di nuovi impianti.
I cittadini con questo sistema diventano produttori di energia, proprietari di tanti piccoli impianti fotovoltaici.
Il progetto ha dotato di un impianto fotovoltaico quarantanove famiglie a titolo gratuito, per un totale di 100 kilowatt. Sono oltre 130 i megawattora complessivi prodotti nel primo anno di attività con una riduzione delle emissioni di 65 milioni di tonnellate di CO2.
Numeri incoraggianti che hanno portato anche la Regione Puglia e il Comune di Milano ad approvare progetti simili.
Il modello su scala nazionale
Il modello di Porto Torres è stato così convincente che il governo ha deciso di applicarlo a livello nazionale.
Il Cipe ha già approvato un fondo, nell’ambito del Piano operativo imprese e competitività del ministero dello Sviluppo, che non sarà limitato alle famiglie meno abbienti e disporrà di un finanziamento iniziale di centinaia di milioni di euro.
Ad oggi lo stanziamento deliberato è di ben 200 milioni di euro.
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Vuoi una casa smart? Inizia dalle finestre fotovoltaiche
Avete capito bene: finestre fotovoltaiche! È una tecnologia di recente sviluppo che promette di integrare efficacemente i tradizionali impianti fotovoltaici.
Si tratta di speciali pellicole solari trasparenti o semitrasparenti da applicare alla normali finestre. Queste pellicole sono dotate di nanoparticelle in grado di assorbire i raggi solari, che sono poi convertiti in raggi infrarossi e indirizzati alle celle in silicio presenti sui bordi. Questa energia riflessa si accumula generando corrente immediatamente disponibile per alimentare dispositivi.
Sono già disponibili in commercio diverse soluzioni da applicare agli infissi per aumentare il risparmio energetico:
- vetri fotovoltaici di tipo semitrasparente. Sono prodotti in silicio amorfo sottile, lasciano passare poca luce ma producono molta energia bloccando l’assorbimento del calore e dei raggi infrarossi.
- vetri fotovoltaici di tipo trasparente. Permettono il passaggio di più luce (ma non di calore) e producono meno energia.
Esistono, inoltre, persiane fotovoltaiche composte di celle solari in silicio che accumulano energia e la trasferiscono immediatamente ai dispositivi presenti nell’abitazione. Alcuni modelli hanno persino la capacità di orientare le alette per seguire i raggi solari ottimizzando l’assorbimento.
I costi
Il costo di una finestra fotovoltaica si attesta intorno ai 2 euro a Watt a differenza dei 5 Watt del modulo fotovoltaico.
Inoltre, il costo può essere ammortizzato in circa cinque anni. Una prospettiva interessante considerato che per un tradizionale impianto fotovoltaico sono necessari 10-15 anni.
Le soluzioni energetiche si moltiplicano. Le nostre case saranno sempre più sostenibili e autosufficienti.
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