
Taiwan, a rischio la cooperazione USA-Cina sul clima
La crisi di Taiwan, innescata dalla visita a Taipei della speaker della Camera USA Nancy Pelosi, ha incrinato i rapporti tra Cina e Stati Uniti. Oltre alle potenziali, e molto preoccupanti, conseguenze a livello geopolitico, la rottura tra le due maggiori potenze economiche del Pianeta potrebbe essere disastrosa anche sul piano del dibattito sul clima. Le due potenze in gioco sono anche le due economie più inquinanti al mondo e, di conseguenza, rivestono un ruolo cruciale nella lotta al riscaldamento globale.
La reazione della Cina alla crisi di Taiwan
La Cina di Xi Jinping ha reagito con decisione al gesto degli USA, ritenendolo un atto di ingerenza in un Paese che considera parte della propria sovranità territoriale. Taiwan, isola delle dimensioni della Sicilia che detiene un grande valore strategico nel mercato globalizzato, fa gola a entrambe le potenze. Da tempo la Cina progetta di annetterla, pur contro la volontà della maggioranza dei cittadini taiwanesi. Per queste ragioni, lo scontro con gli Stati Uniti appariva già da tempo inevitabile.
La vittima eccellente di questa crisi però potrebbe rivelarsi il dibattito sull’ambiente e, in particolare, sul clima.
Bloccate le trattative sul riscaldamento globale
Come abbiamo accennato, le trattative globali che dovrebbero portare a un accordo sulle politiche a contrasto del riscaldamento climatico dipendono fortemente dalla cooperazione tra i governi cinese e americano. La prossima conferenza COP27, in programma a Sharm el-Sheikh (Egitto) dall’8 al 18 novembre 2022, è alle porte. La rottura provocata dalla crisi di Taiwan minaccia quindi di vanificare i progressi, seppur insufficienti, conseguiti nella COP26 di Glasgow e nel corso degli ultimi mesi.
L’importanza della cooperazione USA-Cina è cruciale per il raggiungimento dell’obiettivo di contenimento del riscaldamento globale a +1,5°C. In particolare:
- il dossier sulla riduzione delle emissioni di metano, il gas serra più pericoloso. Senza un accordo sarebbe impossibile centrare gli obiettivi sulle emissioni clima alteranti entro il 2030
- il dossier Loss & damage (perdite e danni). Riguarda i contributi economici dei paesi sviluppati a quelli poveri e in via di sviluppo per le misure di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici. Un tema su cui la COP26 non aveva raggiunto un accordo.
Risulta chiaro che se Stati Uniti e Cina non riprenderanno la cooperazione sulle tematiche ambientali, anche la conferenza di novembre rischia di rappresentare l’ennesima occasione mancata, con la consueta serie di accordi non vincolanti o facilmente aggirabili. A Taiwan potrebbero spegnersi le ultime speranze di salvare il Pianeta.
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Crisi energetica globale: risparmio e stoccaggio per affrontare l’inverno
Una crisi energetica globale, così l’ha definita l’Agenzia Internazionale dell’Energia in un recente report, la prima della storia. La situazione attuale, soprattutto in Europa, è difficile: dopo dieci giorni di chiusura del gasdotto Nord Stream per manutenzione, il flusso è ripartito ma non è certo cosa accadrà alle soglie dell’inverno. Secondo la AIE, entro il 1° ottobre l’Italia dovrebbe riempire i serbatoi di stoccaggio al 90% per poter fronteggiare l’inverno senza gravi disagi. Tuttavia, senza l’apporto della fornitura russa potrebbe essere impossibile: le forniture alternative, come quelle dell’Algeria, non sono sufficienti. Sarà fondamentale tagliare una parte dei consumi energetici, ovvero risparmiare gas.
Stoccaggio e fornitori alternativi non bastano
L’aumento delle forniture di gas dall’Algeria, dall’Azerbaigian e dalla Norvegia, oltre all’accordo con gli Stati Uniti per il GNL, rappresentano passi importanti verso l’indipendenza energetica dalla Russia ma non bastano a superare la crisi del gas e ad assicurarci un inverno senza sorprese. È richiesto, come sottolinea l’AIE nel suo report, un ulteriore sforzo ai cittadini europei. Nei prossimi tre mesi sarà necessario un risparmio di 12 miliardi di metri cubi e affinché ciò sia possibile occorrerà la collaborazione di tutti, non solo delle aziende ma anche delle famiglie. In particolare, sono le industrie energivore a dover per prime ridurre i consumi.
AIE: 5 punti per fronteggiare la crisi energetica globale
Nel suo report la AIE propone 5 raccomandazioni per fronteggiare la crisi dell’energia in vista dell’inverno prossimo ma con uno sguardo di lungo periodo.
La prima raccomandazione riguarda le industrie energivore. Per ridurre i consumi di gas AIE propone l’introduzione di piattaforme d’asta con lo scopo di incentivare gli utenti UE di gas industriale a utilizzarne di meno.
La seconda, più controversa, riguarda la diversificazione dell’energia in questa crisi energetica globale. In particolare, AIE propone di ridurre al minimo l’impiego del gas nel settore energetico, ripiegando temporaneamente su carbone e petrolio e su fonti a basse emissioni di CO2, come il nucleare.
Decisamente più lucida e lungimirante era stata la strategia in 10 punti (“A 10-Point Plan to Reduce the European Union’s Reliance on Russian Natural Gas”) proposta qualche mese.
La terza raccomandazione, invece, invita a migliorare il coordinamento tra gli operatori di gas e energia elettrica di tutta l’Europa. Un invito in linea con le recenti esortazioni del governo tedesco ai Paesi UE a firmare i contratti di solidarietà previsti dal regolamento europeo sui piani di emergenza energetica.
La quarta riguarda il tema del risparmio energetico, di cui abbiamo parlato sopra. Per affrontare questa crisi energetica globale è necessario che anche le singole famiglie si assumano delle responsabilità e riducano i loro consumi eliminando gli sprechi. A questo proposito, secondo l’agenzia sarà importante il ruolo delle istituzioni nel preparare i cittadini ai cambiamenti in arrivo, sensibilizzando l’opinione pubblica in merito alla questione.
Come ultimo punto, l’AIE suggerisce di armonizzare la pianificazione delle emergenze a livello nazionale ed europeo.
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GNL al posto del gas russo? Una scelta disastrosa
Il GNL è una delle strade che il governo italiano sta percorrendo per ridurre la nostra dipendenza energetica dal gas russo.
Come abbiamo spiegato in un recente articolo dedicato alle alternative all’importazione di gas dalla Russia di Putin, in quanto a consumi l’Italia in Europa è seconda solamente alla Germania, che però possiede una popolazione 20 milioni di abitanti in più. Nella produzione di elettricità, inoltre, deteniamo addirittura il primato europeo di energia generata utilizzando il metano, con il 50% del totale. E da dove proviene tutto questo gas? Il 40% del fabbisogno di gas naturale del nostro Paese è soddisfatto proprio dalla Russia di Putin.
Per queste ragioni siamo uno dei Paesi maggiormente esposti all’attuale crisi energetica che ha mandato alle stelle le bollette.
Affrancarsi da questa dipendenza, che ci rende di fatto finanziatori di una guerra, è una priorità del Governo ma le proposte avanzate sono discutibili. Si è parlato di nucleare e persino di un ritorno al carbone, ma in questo articolo vi vogliamo parlare del gas naturale liquefatto o GNL e dei cosiddetti rigassificatori.
Cos’è il gas naturale liquefatto (GNL)
Il GNL è una miscela di idrocarburi costituita in gran parte da metano, con una percentuale tra il 90 il 99%, e da altri gas, etano, propano e butano, in quantità minori. Attraverso un processo di liquefazione, in cui viene raffreddato fino a -162 gradi centigradi, il gas diventa liquido e riduce il proprio volume di circa 600 volte. In queste condizioni può quindi essere trasportato all’interno di serbatoio o immesso nei metanodotti.
L’Italia importa già GNL dall’estero, navi metaniere arrivano al largo delle coste italiane da vari Paesi, tra cui Nigeria, Qatar, Algeria e Stati Uniti, trasportando circa 130.000 metri cubi di gas ognuna. Un enorme volume di gas liquido che deve essere riportato allo stato gassoso. A questo punto interviene un’infrastruttura fondamentale nel processo: il rigassificatore.
I rigassificatori: il GNL deve tornare gassoso
I rigassificatori sono enormi infrastrutture che trasformano il GNL da liquido a gassoso per poi immetterlo nella rete nazionale. In Italia ne abbiamo tre: uno onshore (sulla terra ferma) a Panigaglia in provincia di La Spezia e due offshore (al largo) a Livorno e a Porto Viro in provincia di Rovigo.
Navi metaniere con circa 130.000 metri cubi di gas ognuna – vale la pena di ripeterlo – si avvicinano moltissimo alle coste per trasferire il loro carico ai rigassificatori. Il pericolo rappresentato da questo processo è evidente. Cosa accadrebbe nel caso in cui una metaniera subisse un incidente?
Una fuoriuscita di gas genererebbe una nube che alla prima scintilla provocherebbe un’esplosione apocalittica. Inoltre, come fa notare Nicola Armaroli (dirigente del CNR) nell’intervista che potete vedere qui sotto, dal punto di vista ambientale la scelta di importare più GNL dagli USA è disastrosa.
#RivediLa7 #nonelarena Il piano del governo per sostituire le forniture russe prevede di potenziare gli impianti per rigassificare il #gas in arrivo via nave. @carlo_brx ha visitato uno dei 3 #rigassificatori presenti in Italia.
— Non è l'Arena (@nonelarena) March 11, 2022
📺Video completo su @La7tv https://t.co/Mdu0QlrY4V pic.twitter.com/Vyo8udSD0p
La scelta potenzialmente disastrosa del governo italiano
I rischi legati ai rigassificatori e all’impatto ambientale degli stessi sembra essere ignorato dal governo italiano. Recentemente, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha dichiarato a Rai3 l’intenzione di aumentare le importazioni di GNL e investire a breve in un nuovo impianto di rigassificazione (galleggiante), oltre a incrementare l’efficienza degli impianti esistenti. Inoltre, il ministro ha parlato di costruire altre infrastrutture nei prossimi due anni.
L’obbiettivo è rimpiazzare circa 15-16 miliardi di metri cubi di gas russo con nuovi fornitori entro la primavera inoltrata e raggiungere l’indipendenza energetica entro 24-30 mesi.
Il rischio, tuttavia, appare davvero inaccettabile, soprattutto se si considera la grandissima potenzialità delle rinnovabili in Italia. Lo abbiamo spiegato in questo articolo, sul nostro territorio sono pronti progetti di energie rinnovabili per 60 GW (solo un terzo del totale dei progetti fermi) ma la burocrazia e le titubanze della popolazione li bloccano.
La soluzione è guardare al futuro: transizione energetica!
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STOP al gas e STOP alla guerra: facciamoci sentire!
Diciamo stop alla guerra e stop al gas! Rifiutiamo di continuare a sostenere scelte politiche assurde e prive di una visione a lungo termine, mandiamo un segnale firmando questa petizione online: “Spegni il Gas per il NO ALLA GUERRA” .
A lanciarla siamo stati proprio noi di Futura Energie, noi che da sempre crediamo in un futuro di sostenibilità ambientale e pace tra i popoli.
La crisi energetica, già iniziata prima della guerra in Ucraina, ha fatto impennare i costi del gas naturale e l’Italia è stato uno dei Paesi più colpiti. Lo stiamo constatando nelle bollette dell’energia, gli aumenti sono davvero importanti: come abbiamo già riportato, i dati forniti da ADICONSUM mostrano che i rincari toccano il 65% sulle bollette elettriche e il 59% su quelle del gas naturale.
Di conseguenza, tra le questioni di cui si discute nel Paese in questo periodo c’è la dipendenza dell’Italia dal metano importato dalla Russia: il 40% del gas che utilizziamo, infatti, proviene proprio da lì.
Rinunciare al gas significherebbe boicottare il regime di Putin lanciando un forte NO alla guerra.
Sorge quindi una domanda: possiamo rinunciare al gas, possiamo creare un sistema energetico che ci renda energeticamente indipendenti e padroni del nostro destino?
Vediamo quali sono le opzioni a disposizione.
Nucleare e carbone come alternativa al gas? No, grazie!
Ne abbiamo parlato spesso negli ultimi tempi, in particolare in un recente articolo (puoi trovarlo a questo link), perché ogni volta che c’è una crisi i sostenitori delle fonti fossili e del nucleare tornano a farsi sentire.
Pensare di rinunciare al gas grazie all’apporto di nuove centrali nucleari o riattivando vecchie centrali a carbone dismesse significa rivolgere lo sguardo al passato, significa proporre un falso modello di progresso che ignora i temi ambientali e catapulta il Paese 30 anni indietro. Non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che lo ha creato (concetto attribuito ad Albert Einstein).
Inoltre, produrre energia elettrica da nucleare e carbone è ormai economicamente svantaggioso: il costo dell’energia da nucleare, ad esempio, è circa 3 volte di quella da fotovoltaico e di quella da eolico.
Andiamo oltre, facciamo scelte sulla base di una visione a lungo termine.
In Italia abbiamo già progetti per centinaia di GW di rinnovabili pronti per essere installati, sbloccarne una parte darebbe immediatamente un grande impulso al settore e ci avvicinerebbe all’indipendenza energetica. Ecco la reale alternativa.
Puntiamo sulla transizione ecologica!
La nostra petizione online su Change.org

Read MoreSTOP AL GAS SUBITO.
La guerra è una cosa fuori da ogni logica! Deve cessare immediatamente!
Non è ammissibile anteporre gli interessi del gas russo agli interessi dell’umanità!
La strada maestra è l’indipendenza energetica che deve passare necessariamente per le fonti rinnovabili, ovviamente ciò esclude il rimettere mano alle fonti fossili come le trivelle selvagge, il nucleare e il carbone.
È il momento di cambiare in fretta, di cambiare ora. Quella transizione ecologica tanto necessaria per il passaggio ad un’umanità a zero impatto: DEVE INIZIARE ORA!
È davvero questo il retaggio che vogliamo lasciare alle generazioni future? Un mondo pieno di scorie radioattive che non sapremo dove stoccare? Aumento drammatico delle emissioni di CO2?
Cambiare ora è possibile, cambiare ora è un dovere di tutti.
La Guerra non deve rappresentare la scusa “perfetta” per tornare indietro di 30 anni nel processo di transizione verde.
LO STOP AL GAS, è un chiaro messaggio per dire basta alla guerra finanziata anche dal gas, basta alla dipendenza dal gas e dalle fonti fossili.
Attiviamoci tutti ora con una sola voce, l’unica direzione possibile per l’umanità sono le fonti rinnovabili e non quelle fossili.
LO STOP AL GAS per dire chiaramente in modo univoco quale direzione vogliamo.
STOP AL GAS per dire STOP ALLA GUERRA e STOP ALLE FONTI FOSSILI.