
Lo stoccaggio dell’energia elettrica per la transizione verde
Per vincere la sfida delle rinnovabili, è necessario avere a disposizione sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica affidabili.
Solare ed eolico, infatti, sono fonti intermittenti e che non sono disponibili 24 ore su 24.
Ecco perché, se le fonti d’energia rinnovabile sono state in forte crescita nell’ultimo decennio, presto esploderà anche lo stoccaggio.
Secondo un recente rapporto della società di ricerca Wood Mackenzie, il mercato globale dello stoccaggio di energia crescerà con un tasso annuale composto del 31% entro il 2030.
Ci si aspetta che la crescita inizi ad accelerare proprio alla fine di quest’anno per supportare la transizione verso un sistema sostenibile.
Intanto, le grandi potenze mondiali ne hanno compreso l’importanza e si stanno muovendo in questa direzione.
L’Europa dà priorità allo stoccaggio dell’energia
Il Parlamento Europeo è decisamente orientato verso la necessità di potenziare i sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica in Europa.
In una relazione non legislativa approvata il 2 luglio scorso, gli eurodeputati hanno delineano la loro strategia per lo stoccaggio dell’energia, affermando che esso sarà cruciale per il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.
Secondo Claudia Gamon, (relatore – Renew Europe, AT):
“L’immagazzinamento dell’energia sarà essenziale per la transizione verso un’economia decarbonizzata basata su fonti di energia rinnovabili. Poiché l’elettricità generata dall’energia eolica o solare non è sempre disponibile nelle quantità necessarie, dovremo immagazzinarne maggiori quantità.
Oltre alle tecnologie che già sappiamo funzionare bene, come lo stoccaggio d’acqua per pompaggio, anche altre tecnologie ricopriranno un ruolo fondamentale in futuro, come le tecnologie per le batterie, lo stoccaggio termico e l’idrogeno verde.
Queste tecnologie dovranno avere accesso al mercato per garantire una fornitura costante di energia ai cittadini europei”.
L’Europa, però, non è la sola a muoversi in questa direzione.
Anche negli Stati Uniti d’America e in Cina, i più grandi consumatori d’energia del mondo, il settore dello stoccaggio si sta sviluppando.
Il primato spetta agli USA
Nonostante le politiche a favore dei combustibili fossili anche in America il settore dello stoccaggio dell’energia sta vedendo un grande sviluppo.
Grazie a finanziamenti, sia da fonti private che governative, stanno nascendo nuove aziende e si stanno sviluppando nuove tecnologie sulla spinta della crescente necessità di accumulare energia.
Non è casuale che Wood Mackenzie preveda che saranno proprio gli Stati Uniti ad avere il maggiore aumento di capacità di stoccaggio nel prossimo decennio.
Parliamo del 49% sull’incremento totale della capacità di stoccaggio, che equivale a 365 GWh.
Questo grazie agli obiettivi di energia pulita fissati a livello statale e al costante calo dei costi degli impianti solari ed eolici.
Stoccaggio dell’energia Vs combustibili fossili
Gli investimenti nelle rinnovabili sono in continua crescita (es. eolico offshore +319%) e il settore ha dimostrato grande resistenza di fronte alla forte diminuzione della domanda di energia durante la pandemia.
Nonostante ciò, la loro affidabilità a lungo termine dipenderà dallo stoccaggio, perché esso avrà il compito di sopperire ai fisiologici cali di produzione.
Ad oggi, è difficile pensare che l’immagazzinamento dell’energia possa escludere i combustibili fossili dal mercato, ma resta una condizione fondamentale affinché l’energia pulita diventi comoda e conveniente.
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Le energie rinnovabili spingono la ripresa e l’occupazione
Grazie alle energie rinnovabili a supporto della ripresa economica, nel 2019 sono cresciuti i posti di lavoro e gli investimenti.
Nonostante il periodo durissimo per l’economia, i dati mostrano che il settore green continua a crescere e a creare occupazione: oltre mezzo milioni di occupati in più, tra cui molti lavoratori specializzati.
Un considerevole aumento che è da attribuirsi alla nascita di numerose start-up con valori e obbiettivi green.
Gli occupati nel settore delle energie rinnovabili sono quasi 11,5 milioni, con una importante presenza femminile rispetto al settore dei combustibili fossili.
Il continente che detiene il primato di lavoratori specializzati nel settore è l’Asia, con il 63% del totale, soprattutto nel fotovoltaico e nei biocarburanti.
In Africa, invece, prevale il fotovoltaico Off-grid, ovvero quegli impianti non connessi alla rete pubblica che permettono di sfruttare direttamente l’elettricità prodotta.
L’occupazione nelle energie rinnovabili: fotovoltaico in testa
Il fotovoltaico è il settore delle energie rinnovabili che impiega più lavoratori.
Secondo il recente rapporto “Renewable Energy and Jobs – Annual Review” pubblicato da IRENA (Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili), gli occupati nel fotovoltaico sono 3,8 milioni su un totale di 11,5.
A seguire, troviamo:
- Biocarburanti liquidi: 2,4 milioni di occupati;
- Idroelettrico: 1,9 milioni di occupati;
- Eolico: 1,1 milioni di occupati;
- Solare termico: 823 mila occupati.
La ripresa economica post covid passa dalle rinnovabili
Le fonti rinnovabili, oltre a contrastare il cambiamento climatico e l’inquinamento, possono compensare la perdita di occupazione dovuta al declino delle fonti fossili.
Secondo un altro documento pubblicato da IRENA, “Post Covid Recovery“, circa 5 milioni e mezzo di lavoratori potrebbero essere impiegati nelle rinnovabili nei prossimi 3 anni.
Questo “riassorbimento” sarebbe poi destinato a continuare e porterebbe a 30 milioni il numero di lavoratori nelle energie rinnovabili entro il 2030.
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Eolico offshore: il Regno Unito verso il sussidio negativo
L’eolico è in forte crescita in Europa: nel 2019 sono stati installati impianti equivalenti a 12 GW, mentre nel 2018 erano stati 9 GW. Questo dato, però, si riferisce al solo eolico onshore, ovvero installato sulla terraferma, mentre la nuova tendenza è puntare sull’offshore.
Stiamo parlando di centrali eoliche costruite in mare aperto, con tutti i vantaggi che questo comporta.
Il Paese che sta puntando con più decisione su questa soluzione energetica è il Regno Unito, ma anche in Italia si registrano i primi timidi tentativi di sviluppo in questo senso.
In questo articolo vogliamo parlarvi del caso britannico che promette non solo di superare i combustibili fossili ma, persino, di abbattere i costi delle bollette.
L’offshore made in UK
Presto i cittadini del Regno Unito potrebbero trovare una bella sorpresa sulla loro bolletta. Grazie all’eolico offshore, infatti, gli utenti della rete elettrica potrebbero beneficiare di un taglio dei costi energetici.
Secondo uno studio dell’Imperial College London, i costi di produzione attualmente sono talmente bassi, che non solo gli incentivi governativi non sono più necessari, ma sarà possibile il “sussidio negativo”, con conseguenti tagli alle spese per i cittadini.
La costruzione di impianti eolici e solari onshore e offshore nel Regno Unito è stata finanziata anche con il sostegno di incentivi governativi, cosa che ha causato un incremento delle bollette. Ora, però, man mano che i parchi eolici offshore inizieranno a produrre energia, sembra che il governo sarà in grado di rimborsare i cittadini.
Si tratta di un’ottima notizia anche sul fronte della riduzione delle emissioni. Un eolico sempre più economico, infatti, può competere meglio con le centrali elettriche a combustibili fossili che, inevitabilmente, diminuiranno.
Tutto ciò si deve ai nuovi impianti offshore con turbine sempre più grandi che garantiscono una maggiore efficienza e resa economica, grazie a una maggiore disponibilità di venti costanti ad alta velocità e catturabili a un’altitudine maggiore.
Le turbine eoliche in costruzione, per rendere l’idea, hanno un diametro del rotore di 220 metri, il doppio del diametro del London Eye, la celebre ruota panoramica di Londra.
Parliamo, quindi, di turbine mastodontiche in grado di produrre una quantità d’energia notevole: il recente parco eolico di Dogger Bank, ad esempio, ha la stessa capacità installata della centrale nucleare Hinkley Point C e produrrà circa i due terzi della sua elettricità annuale.
Questi dati stanno convincendo il governo inglese a chiudere le centrali nucleari e a carbone e puntare decisamente sull’eolico off-shore, con l’obbiettivo di liberarsi delle fonti fossili e nucleari nel giro di 10 anni.
Il prossimo progetto in vista è il nuovo super-parco da 1.800 MW, che verrà costruito a circa 50 km al largo di Norfolk. Un ulteriore passo verso l’obbiettivo dei 40 GW di eolico offshore entro il 2030 che si è posto il governo britannico.
E in Italia?
Nel nostro Paese, pur con un po’ di ritardo, stanno nascendo progetti per sfruttare l’energia eolica in alto mare. Un passaggio logico verso la sostenibilità energetica, per un Paese circondato per la maggior parte del territorio dal mare.
Il primo progetto approvato, e attualmente in costruzione, è quello del parco eolico offshore di Taranto, sbloccato nel 2015 dopo anni di contenziosi e partito solo nel 2019 per le autorizzazioni. L’impianto sarà costituito da 10 turbine che produrranno circa 80 GWh all’anno.
Il primo parco offshore di tipo galleggiante, che supererebbe l’ostacolo fisico degli alti fondali, è quello che sorgerà nel Canale di Sicilia. Denominato 7Seas Med, l’impianto avrà una potenza totale di 250 MW e sarà in grado di soddisfare il fabbisogno energetico annuale di 80mila abitazioni.
Un altro progetto in fase di discussione è quello presentato da Energia Wind 2020 Srl al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) lo scorso Marzo. Si tratterebbe di eolico offshore di tipo floating (galleggiante) e dovrebbe sorgere tra Rimini e Cattolica tra 10 e 22 km dalla costa.
Il progetto è ambizioso, con un potenza prevista di 330 MW e una produzione annua di circa 703 GWh, ma sta incontrando resistenze tra i politici nonostante l’approvazione di Legambiente.
Sembra che tra Italia e Regno Unito ci sia ancora un profondo gap culturale. Ci auguriamo che le divergenze siano superate rapidamente e che lo sviluppo delle rinnovabili nel nostro Paese possa, finalmente, decollare.
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